venerdì , 29 Marzo 2024
Pastori di oggi | Montanarium 2020

Pastori di oggi

Abbiamo conosciuto Andrea Lanza in un nebbioso pomeriggio di primo autunno. Era la fine di settembre e il tempo mutevole rendeva i pascoli dei Balconi di Marta – territorio francese al confine con l’entroterra ligure – vagamente simili a un paesaggio scozzese: erba giallastra spazzata dal vento e su tutto una cappa di umidità sfuggente, mobile, che ora liberava e ora copriva i ruderi delle casermette militari di epoca bellica sparse tutt’attorno. Degli animali, mucche e pecore brigasche, si sentivano solo i campanacci: di primo acchito sarebbero parsi lontanissimi, eppure era la nebbia a giocare brutti scherzi. «La mandria è su a Cima Marta», spiega Andrea non appena smonta dalla jeep infangata, indicando un’area non ben precisata appena oltre i banchi di foschia densa. Due cuccioli giocherelloni ruzzolano fuori dal mezzo, si avvicinano per conoscere i visitatori, e un vitello pezzato sbuca da dietro il muro di una caserma, curioso. Andrea ci apre la porta della malga, ci invita dentro, pare abbia voglia di raccontarsi: «Però non ho molto tempo, mi dispiace», e intanto tira fuori le birre e affetta un po’ del suo formaggio nostrano.

Un mestiere da recuperare

Andrea ha 25 anni ed è un pastore. Giovanissimo, e ancor più giovane suo fratello Marco, che con lui condivide il lavoro. A completare il trio di imprenditori di montagna è Floriane Lanteri, già figlia d’arte (il padre è uno dei pastori storici dell’area franco-ligure brigasca) e fidanzata di Andrea. Siamo in Terra Brigasca, area a cavallo tra Francia, Piemonte e Liguria che vanta una lingua propria, un’identità culturale fortissima e una lunga tradizione di pastorizia e di isolamento montano attorno al comune di Briga Marittima: i brigaschi hanno visto smembrare il loro territorio nel ’47, con i trattati di pace a seguito del secondo conflitto mondiale, quando il comune di Briga Marittima divenne La Brigue (francese, insieme alla frazione di Morignole), Realdo fu unito al comune di Triora (Liguria) che già accorpava Verdeggia, e i borghi di Carnino, Piaggia, Upega e Viozene passarono al Piemonte. Insomma, un caos. Ma l’identità, la lingua e la cultura brigasca sono rimaste, a unire un popolo frammentato e che ora – complice lo spopolamento montano, l’invecchiamento delle comunità e la perdita dei mestieri tradizionali – rischia di scomparire. Se non fosse (anche) per gente come i giovani Lanza e la giovane Lanteri, che hanno scelto di mantenere in vita una professione come quella del pastore. Nonostante tutto.

«Mio nonno aveva le bestie, ma la mia famiglia abita a valle. Io avevo iniziato a lavorare come meccanico e tenevo giusto tre capre, perché mi piaceva lavorare con gli animali. Poi, dopo quattro anni in un’officina, mi sono licenziato e ho deciso di fare ciò che amavo. Adesso abbiamo una quarantina di mucche e una sessantina tra capre e pecore brigasche», racconta Andrea.

Imparare con l’esperienza

L’esperienza nell’arte casearia, quella Andrea se l’è fatta sul campo, un po’ provando e riprovando e un po’ grazie agli insegnamenti dei suoceri. «A fare il formaggio si impara solo facendo: si guardano gli altri, si prova, si sbaglia, e poi pian piano si trova il proprio modo. Io ho anche frequentato un corso, per migliorare».

I Lanza oggi producono soprattutto una toma nostrana di latte vaccino e caprino, la ricotta e il tradizionale bruss, la ricotta fermentata dal sapore intensissimo e che viene utilizzata per condire i sugeli (orecchiette locali preparate con la farina di grano tenero) o per insaporire minestre e patate bollite: in estate restano e lavorano in alpeggio – qui la transumanza inizia il 24 giugno durante la festa di San Giovanni, poi si scende nuovamente a San Michele, il 29 settembre – mentre in autunno e in inverno hanno un laboratorio a Cetta, nel comune di Triora. Il formaggio, spiega ancora Andrea, hanno iniziato a venderlo nei negozi a valle soltanto l’anno scorso: l’idea era quella di potenziare l’attività sistemando una stalla anche a La Brigue, ma il Covid ha messo tutto in stand by. «Se ne riparlerà la prossima primavera».

Quella del pastore e del mandriano non è una vita facile, eppure c’è una grandissima passione nelle parole del ragazzo: non cambierebbe con nulla al mondo, spiega.

«Se non mi piacesse tanto questo lavoro, non lo farei. Però eccomi qua. E’ già una risposta no?».

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