martedì , 15 Ottobre 2024

Costruire cambiamento sul territorio: l’esperienza di Wonder Grottole. Intervista ad Andrea Paoletti

Costruire reti, immaginare una trasformazione dal basso e attivare cambiamenti e innovazione sociale che generino a loro volta occupazione, servizi ed economie locali legate al territorio, in un circolo virtuoso e sostenibile che possa diventare modello anche per altre “Italie sfigate”, cioè quei paesi fuori dai circuiti mainstream ma custodi di una propria autentica unicità. E’ quanto sta accadendo a Grottole, piccolo paese in provincia di Matera, dove il progetto Wonder Grottole dal 2018 sta favorendo la rigenerazione del centro storico grazie al recupero di alcune case in disuso e all’intreccio tra energie dall’esterno e comunità locale. Il risultato? Nuovi sguardi, nuove opportunità e un modo innovativo di rapportarsi al territorio. A raccontare a Montanarium di questo percorso è Andrea Paoletti, architetto biellese di origine e lucano d’adozione e cofondatore dell’impresa sociale Wonder Grottole.

Andrea Paoletti, grazie per questa intervista! Il progetto di Wonder Grottole è affascinante e le sue radici molto profonde. Ti va di delineare il tuo percorso personale e professionale, e di raccontare il contesto entro cui si sviluppa Wonder Grottole?

Certo! Come sai, la cosa più interessante di questo percorso è che è cresciuto interamente in un territorio che non è il mio di origine: io sono infatti nato e cresciuto nel biellese, poi ho studiato e vissuto a Milano e all’estero, formandomi come architetto specializzato nella progettazione di spazi di condivisione, come co-working o co-living. Nel corso della mia ricerca, a un certo punto mi sono trovato a chiedermi se il co-working potesse diventare uno strumento di trasformazione territoriale, e se sì, in che modo.

La domanda nasceva da un’esperienza personale: il territorio del biellese sta subendo da decenni un forte spopolamento, sono cresciuto con i paesi che si svuotavano sotto gli occhi, ma anche con la consapevolezza del loro enorme patrimonio in termini di natura e di qualità complessiva della vita. Da qui, la domanda: lo strumento del co-working – che io sviluppavo per lavoro all’interno di una dimensione urbana – può diventare occasione di trasformazione anche per i territori marginali?

E ti parlo di co-working non soltanto come luogo del telelavoro, quanto piuttosto come luogo di aggregazione di persone con know how, background ed esperienze differenti. Calcola che ora questi sono temi attuali, ma qui eravamo nel 2009, ben lontani da pandemia e smart working… Ecco, la mia ricerca si è quindi sviluppata in questa direzione: non tanto cercando modelli simili in contesti di paese (perché allora non esistevano), ma provando a immaginarli, a capire quale potesse essere il modello giusto per uno spazio di co-working rurale.

Qui sorge spontanea la domanda: non solo come si è sviluppata questa tua ricerca, ma anche come sei finito dal Piemonte alla Basilicata…

Qui è entrata in gioco una combinazione di fattori. Nel 2011 ho iniziato infatti ad analizzare il territorio italiano per capire cosa ci fosse di già attivo in ambito co-working, e tramite questa ricerca ho rilevato che solamente tre regioni in Italia non ne avevano alcuno: erano Calabria, Molise e Basilicata. All’analisi a questo punto è subentrata la “pancia” e ho detto: Basilicata. Non conoscevo nessuno in quella regione, non ci avevo mai messo piede prima: così ho iniziato a esplorarla, facendo su e giù da Milano per più di sei mesi. Sono stati mesi interessanti perché mi hanno portato a conoscere il territorio e a capire che Matera poteva essere la città giusta in cui provare a costruire qualcosa del genere. Il percorso che ha portato a Wonder Grottole è iniziato da qui, da Matera, dove insieme a Mariella Stella (che sarebbe poi diventata la mia compagna di vita) e ad altri amici abbiamo provato a immaginare un modello innovativo di co-working, legato al territorio: è stato in quel periodo, nel 2012, che è nata Casa Netural.

Che è stato il primo co-working e co-living dedicato all’innovazione sociale in Basilicata, giusto?

Esattamente. Casa Netural si trova in un quartiere storico popolare di Matera ed è il primissimo co-working dedicato all’innovazione sociale del territorio. L’idea di fondo era quella di creare un luogo che non si limitasse a essere uno spazio da suddividere tra professionisti, ma un aggregatore di idee, persone e competenze: un luogo insomma che potesse farsi motore di trasformazione, coinvolgendo la comunità locale e al tempo stesso “aprendosi” all’esterno, alle persone di tutto il mondo che, qui, possono trovare un luogo di scambio, di sviluppo e di contaminazione positiva. Il passaggio da solo co-working ad anche co-living è stato abbastanza naturale…

Cosa intendi per co-living, e qual è stata la risposta a questa proposta?

Con co-living si intende un’esperienza dell’abitare collaborativa e condivisa, diversa dal co-housing (che ha invece una valenza prettamente sociale): nel co-living si condivide a tutti gli effetti la stessa casa per un certo periodo di tempo con altre persone. C’è uno spazio personale di privacy che è la stanza, ma tutto il resto – cucina, sala, bagno, spazio di lavoro – è condiviso. Non solo quindi un luogo per lavorare, ma anche uno in cui vivere, una piattaforma sociale sia per i “locali” sia per chi capita a Matera e vuole fermarsi un po’. Il minimo di tempo in cui ci si può fermare oggi a Casa Netural è tre notti, il massimo tre mesi.

Quanto alla risposta ottenuta, abbiamo rilevato un fatto curioso: inizialmente Casa Netural era vissuta con un approccio da vacanza, cioè la gente si appoggiava al co-living per visitare Matera, con un intento quindi turistico. Adesso è cambiato: chi viene a Casa Netural lo fa per Casa Netural, perché interessato a questo tipo di esperienza specifica, non tanto e non solo per la città.

Come siete passati dall’esperienza di Matera e Casa Netural – innovativa ma comunque collocata in un contesto urbano – a quella di Wonder Grottole, che invece si sviluppa in un paese e in una di quelle “aree interne” di cui tanto si parla oggigiorno?

Casa Netural era nata con l’obiettivo di farsi motore di trasformazione territoriale e di costruire ecosistemi diversi, di produrre un cambiamento tangibile. E’ stata con questa consapevolezza che a un certo punto ci siamo detti: “Dobbiamo andare a conoscere anche quelle persone e quelle realtà che il cambiamento lo stanno facendo nei territori piccoli, nelle aree interne, nelle zone di montagna che si stanno spopolando“. Era un’esigenza nata dalla volontà di conoscere il territorio nel suo complesso e di provare a capirlo, così abbiamo iniziato ogni weekend un’esplorazione del territorio lucano insieme agli ospiti del co-living, da cui sono nate quelle che abbiamo chiamato Netural Walk: camminate antropologiche di cinque giorni per conoscere il territorio e le sue comunità e metterli in contatto. Quest’anno le Netural Walk compiono dieci anni, ed è stato proprio durante la prima di queste esplorazioni che siamo arrivati a Grottole

Un piccolo paese a mezz’ora da Matera, “sfigato” secondo le definizioni correnti, perché praticamente sconosciuto e per nulla valorizzato: insomma uno di quei paesi interni che non sono instagrammabili, che non sono tra i borghi più belli d’Italia, che non vengono presi d’assalto dai turisti… Ma che hanno ancora una grande ricchezza: la propria autenticità.

Cosa è stato a far scattare la scintilla, con Grottole?

Più che scintilla, diciamo la sfida: da un lato c’era un paese poco valorizzato, dall’altra proprio in quell’occasione abbiamo incontrato Silvio Donadio, giovane abitante di Grottole con una gran voglia di restare nel proprio paese e di crearvi cambiamento tangibile. E’ stato questo incontro a farci tornare alla domanda iniziale con cui ero arrivato in Basilicata: si possono implementare sul piccolo modelli nati e strutturati per una dimensione grande e urbana? Abbiamo visto in Grottole la dimensione giusta per provare a sperimentare all’interno di un paese i temi propri di Casa Netural, che si erano sviluppati in contesto cittadino.

Quali sono le differenze maggiori che avete riscontrato?

Beh, agire in una dimensione di paese è senza dubbio più complesso che agire in una dimensione urbana: le relazioni in paese sono più strette, più stratificate. I conflitti dei piccoli territori sono ancestrali, arrivano “dalla pancia della terra”, e nel paese nasci che hai già un destino, anche se non hai ancora fatto niente. La città in questo assicura più anonimato, forse anche più spazio di manovra, meno legami: ma al tempo stesso viene meno la dimensione della comunità. Per questo Wonder Grottole è stato in primo luogo uno spazio e un’occasione di sperimentazione, in cui una mappatura degli edifici dismessi del paese ci ha portati a domandarci come essi potessero essere usati come motore di trasformazione, come opportunità per il territorio.

Come è stato immaginato il concept di Wonder Grottole? Da cosa siete partiti per costruire questo modello di trasformazione territoriale?

Il concept è stato immaginato a seguito della prima edizione del Matera Design Weekend (il primo festival dedicato al design da Roma in giù, che abbiamo organizzato nel 2015): per la seconda edizione, abbiamo voluto approfondire l’idea di design immateriale, cioè concependo il paese – Grottole appunto – come laboratorio vivo di sperimentazione, arrivando la cittadinanza e porta di gente diversa a riabitare il paese.

Con una premessa importante: per noi creare un evento o un progetto non significa cercare il grande claim che ci metta i soldi per portare migliaia di visitatori, ma provare a capire quale sia il modello giusto per un determinato territorio, per portare innovazione che poi rimanga, generando opportunità concrete. E lo si può fare solo quando alla forte motivazione si unisce una rete di amicizie e collaborazioni che creino un investimento collettivo. È questo il valore immenso di progetti simili.

Dopo il festival, per riuscire a ristrutturare alcuni edifici di Grottole e avviare il progetto che avevamo in mente, abbiamo così lanciato una campagna di crowdfunding su Indiegogo: gli obiettivi economici in quell’occasione non sono stati raggiunti, ma per la prima volta la comunità ha lavorato insieme per un risultato comune. Siamo partiti da qui, e abbiamo aperto Wonder Grottole impresa sociale.

Che cos’è oggi Wonder Grottole srl? Di che cosa si occupa e in che modo crea cambiamento sul territorio?

Wonder Grottole srl è partito come progetto d’impresa con l’obiettivo primario il riabitare e il rigenerare il centro storico del paese in sinergia con la propria comunità e con chi vi giunge da fuori. Qualsiasi attività è stata quindi pensata proprio in questa direzione: portare avanti cioè progetti con l’obiettivo di generare servizi ed economie legate al territorio. Abbiamo anche iniziato a pensare a progetti residenziali per fare conoscere il paese e al tempo stesso condividere in loco esperienze molteplici, secondo il metodo sperimentato con Casa Netural. La domanda su cui abbiamo ragionato era: perché la gente dovrebbe venire a Grottole?

Ecco, perché?

Bella domanda: dopotutto a Grottole non abbiamo chiese speciali, castelli meravigliosi, né altro che non sia comune al resto del patrimonio interno italiano.

Però un’unicità forte ce l’abbiamo: il paese come cosa viva. Il senso di comunità. Insomma una living culture, una cultura locale viva, un senso di paese.

Quando parlo di living culture, intendo un certo modo di vivere le relazioni di comunità. Qui chi fa l’olio lo fa in primo luogo per consumo personale, ad esempio, e la produzione agricola e artigiana è espressione del territorio, si rivolge ad esso prima che a turisti o a una immagine “esterna” di sé. Questo è un valore che altrove forse si è perso, e che con Wonder Grottole cerchiamo di valorizzare e preservare. Ci siamo presentati anche ad Airbnb come destinazione turistica a contatto vero con la propria comunità.

Oltre ai progetti residenziali e alle esperienze sul territorio, Wonder Grottole si sta muovendo anche in direzione formativa, ponendosi come sviluppatore di figure nuove per i paesi e le aree interne…

Esattamente. Abbiamo iniziato a teorizzare la figura del village host, un attivatore di comunità in grado di creare connessioni e ridare vita ai paesi.

Si tratta di una figura nuova che, con l’avanzare dei processi di riabitazione dei territori marginali, diventerà sempre più necessaria: un facilitatore di comunità (che faccia da ponte tra “locali” e “esterni”, ma anche da mediatore interno, in grado di comprendere bisogni e conflitti delle singole realtà locali), ma anche con competenze in termini di business, di politica attiva e di design dei servizi. Insomma una figura composita e innovativa.

Abbiamo così lanciato l’idea di creare una School for Village Host, scuola di formazione per i primi attivatori di comunità, su scala non solo italiana ma anche europea: è un progetto sperimentale, avviato il 1 gennaio 2022 e che giungerà a termine il prossimo 31 dicembre.

Al momento è in corso di svolgimento il primo training, per il quale sono stati selezionati 40 partecipanti su 162 richieste da tutta Europa: abbiamo dato la priorità a chi aveva progetti già attivi sul proprio territorio, così da offrire una formazione concreta che si poggiasse già su un minimo di esperienza. Il training prevede un primo step online e lo sviluppo di un progetto pilota da implementare localmente, più una parte residenziale a Grottole che coinvolgerà 20 partecipanti.

Qual è l’obiettivo finale della School?

La scuola vuole essere una prima condivisione pratica di esperienze diverse da territori e stati diversi, per uscire poi con documento programmatico di policy pubblica su scala europea che faccia emergere il bisogno di sostegno a nuove professionalità e competenze per creare nuove strade sui territori.

Da Casa Netural a Wonder Grottole, passando per la School e i numerosi progetti attivati finora, l’obiettivo ultimo è sempre il medesimo: condivisione, valorizzazione, sviluppo, opportunità per i territori. Per tutte quelle “Italie sfigate” che, come Grottole, oggi possono diventare vere fucine di cambiamento e innovazione.

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